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A cosa serve la soft-proof? Ha davvero senso usarla?
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Pubblicato da Gabriele Danesi in Stampa Fine Art · Sabato 10 Feb 2024
Tags: softproofstampafineartprestampasimulazione
Cos'è la Soft-Proof? Ha davvero senso usarla?
Cerchiamo in questo articolo di chiarire alcuni concetti che riguardano le cosiddette 'prove di stampa'.

Hard-Proof e Soft-Proof: cosa sono e quali sono le differenze
Partiamo dall'inizio: cos'è il 'proof' in ambito di stampa? Con questa parola intendiamo una 'prova di stampa', ottenibile tramite simulazione di una periferica su un'altra periferica.

In cosa consiste tale simulazione? I passaggi sono due:
  • L'immagine viene convertita dal suo profilo colore verso il profilo della periferica da simulare (con intento percettivo o relativo).
  • Si effettua una seconda conversione verso il profilo della periferica di simulazione, ma questa volta con intento assoluto in quanto è necessario mantenere il punto di bianco di destinazione (e di conseguenza anche l'asse del grigio e tutti gli altri colori).
Con queste due conversioni in cascata si DOVREBBE ottenere sulla periferica di simulazione una copia perfetta della stampa che si otterrebbe sulla periferica che abbiamo simulato.

Perché ho evidenziato la parola 'dovrebbe'? Qui entra in gioco il concetto più importante di tutti. Bisogna infatti comprendere che una simulazione di una periferica attraverso un'altra periferica è possibile, e fornisce risultati coerenti, se e solo se la periferica di simulazione è in grado di contenere completamente il gamut della periferica simulata. In caso contrario la simulazione non avrà senso, o per lo meno sarà molto imprecisa.

Facciamo un esempio. Se vogliamo simulare il comportamento di una macchina tipografica attraverso un plotter ink-jet allora si sta effettuando quella che viene identificata come hard-proof, e quanto descritto sopra si tramuterebbe nel seguente processo:
  • Si converte la nostra immagine verso il profilo della macchina tipografica con intento percettivo/relativo (dipende da quale verrà effettivamente usato in stampa).
  • Si stampa l'immagine così convertita sul plotter ink-jet, usando come impostazioni di stampa il profilo del plotter con intento assoluto.

Questa prova di stampa risulterebbe molto precisa e coerente (ovviamente se i profili in gioco sono ben fatti), perché il gamut di una macchina tipografica è sempre più piccolo del gamut di un plotter ink-jet!!!

Ma cosa accade se la periferica di simulazione anziché essere un plotter è invece il monitor? In questo caso si parla di soft-proof!

Problemi della Soft-Proof
E proprio quando si entra nell'ambito della soft-proof nascono i problemi! Perché infatti:
  • Il gamut di un monitor (periferica di simulazione) non potrà mai contenere il gamut di un plotter di stampa (periferica simulata).
  • Il monitor è un dispositivo ad emissione di luce, mentre la stampa si osserva per riflessione di luce. A livello di percezione e di sistema di visione del colore ciò comporta enormi differenze. I risultati della simulazione saranno di conseguenza molto, ma molto, approssimativi.

Il fatto che il gamut del monitor non riesca a contenere il gamut di un plotter ink-jet è il principale motivo che ci dovrebbe far capire perché il soft-proof non potrà mai essere coerente con la stampa effettiva.

Oltretutto ci sono tanti altri fattori in gioco che possono produrre risultati differenti in soft-proof e di cui si deve quindi tener conto, come per esempio:
  • Gamut e qualità del monitor.
  • Strumento usato per la profilazione del monitor.
  • Parametri impostati per la calibrazione del monitor (temperatura colore, luminosità del punto di bianco, luminosità del punto di nero).
  • Processo di stampa usato dallo stampatore (non è detto che l'utilizzo del profilo copra l'intero processo di stampa e pre-stampa!)

Gli standard ICC moderni non ci aiutano!
Ma, oltre a quanto appena detto, ci sono anche alcuni aspetti teorici da tenere in considerazione!

Attualmente lo standard ICC prevede l'inserimento di un bianco D50 in ogni profilo del monitor anche se la calibrazione viene effettuata con punto di bianco differente. Questo fatto preclude l'efficacia della conversione con intento assoluto dato che punto di bianco di origine e di destinazione è in entrambi i casi D50. Tradotto in parole povere, nella simulazione si perde anche la possibilità di ottenere una traslazione coerente verso il punto di bianco reale della carta da simulare. L'unica soluzione sarebbe quella di modificare con appositi software il punto di bianco del profilo monitor ed eseguire il soft-proof a mano, facendo su Photoshop le due conversioni richieste.

Traiamo le conclusioni
Quindi… in definitiva: una soft-proof ha veramente ben poco di simile a ciò che si otterrà in stampa. E fra l'altro (tenendo conto di quanti parametri ci sono in gioco) ciò che si vedrà a monitor cambierà inevitabilmente da persona a persona!

Ed ecco perché oggi come oggi l'unica prova colore davvero consistente e precisa rimane senz'ombra di dubbio l'hard-proof, mentre il soft-proof è una pratica se vogliamo un po' deprecata, non necessaria ed anzi, spesso controproducente se non sappiamo davvero bene come funziona e che risultati ci sta mostrando a monitor!

E sottolineo controproducente perché troppo comunemente si ritiene che per avvicinarsi a buoni risultati di stampa si debba introdurre correzioni all'immagine dopo aver attivato il soft-proof. Ma introdurre modifiche di questo tipo può spesso avere come unica conseguenza quella di rovinare la nostra fotografia. Lo ripeto in maniera molto abbreviata: stiamo guardando un simulazione di un periferica su un dispositivo che non è in grado di visualizzare i colori di quella periferica, che funziona su principi percettivi del tutto differenti e che è impostata su parametri di temperatura e contrasti non corrispondenti. Quindi se facciamo modifiche sulla nostra fotografia basandoci su tale simulazione stiamo solo procedendo a caso!

L'unica utilità del soft-proof, se proprio vogliamo, è quella di fare un controllo sul gamut dell'immagine per vedere se, e quanti, colori vanno fuori dal gamut di stampa. Niente di più e niente di meno.

Perché allora molti service di stampa online basano le loro guide e la loro forza sull'utilizzo della soft-proof?
Dopo tutto questo discorso è sicuramente più che lecito chiederselo. Perché molti servizi di stampa online forniscono i profili di stampa, basano le loro guide sull'utilizzo della soft-proof e, come se non bastasse, si è comunemente portati a pensare che ciò corrisponda a serietà da parte di quel laboratorio/azienda?

La risposta è solo una: è una moda, diffusa grazie ad una scarsa conoscenza tecnica su argomenti per niente semplici da studiare ed apprendere.

L'azienda, qualsiasi sia il suo reale livello di competenza, è solamente ben conscia del fatto che il 'cliente medio' è soddisfatto e contento di poter disporre di tale servizio e quindi... eccovi a libera disposizione i profili ICC di stampa. Poi non sarà loro compito chiedersi cosa ci fate e come li usate! A buon intenditor...


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